Conclusione sedicesima edizione
È stato un festival speciale, di largo respiro. Artisti, giuria e pubblico, tutti insieme abbiamo assaporato la gioia di vivere, di incontrarci, di ritrovarci, di raccontarci.
Un’esperienza straordinaria vissuta da noi, tutti, con intensità, emozioni, passioni, riflessioni. Ci siamo sicuramente arricchiti, in felicità ed armonia, nell’intelletto e nello spirito».
Ringrazio di cuore l’infaticabile Agnese Bresesti, ideatrice e direttrice artistica del festival e i suoi numerosi collaboratori ma, soprattutto, i tanti artisti, nella maggior parte professionisti di altissimo livello, che hanno incantato e donato cultura, bellezza e conoscenza dell’umanità con differenti verità.
La giuria ha lavorato con assiduità ed impegno correndo su e giù per la Valle, da Aprica a Teglio, da Tirano a Mazzo e a Lovero. Al suo interno
Mariarosa Menaglio, bibliotecaria e da sempre collaboratrice preziosa della fondatrice Agnese Bresesti
Valeria Caelli docente di storia e filosofia
Giulia Bresesti organizzatrice di eventi e comunicazione
Luca Pelizzi professore di lettere
Aurelio Rosa fotografo e cinefilo
Pierpaolo Persi musicista e docente di musica
Antonella Catalano fotografa
Anastasia Puccia studente universitaria
Anna Galanga, già docente di arte e storia dell’arte, oltre che pittrice e scenografa.
Abbiamo decretato i vincitori, ma non possiamo fare a meno di sottolineare la tangibile difficoltà incontrata nella scelta: in questa sedicesima edizione abbiamo potuto gustare esibizioni entusiasmanti e coinvolgenti di professionisti, attori di teatro, di cinema e tv, di musicisti e cantanti che si sono esibiti nei più grandi teatri italiani e stranieri.
“Camille” con Astra Lanz
Primo premio assoluto spettacoli teatrali
Per averci sapientemente guidato con mirabili doti interpretative, dolcezza e
pathos nel traumatico e confuso mondo di Camille Claudel. Dove realtà, certezze,
desideri e passioni si fondono e si confondono e l’assordante vortice dell’anima
urla il lacerante dolore, la disperazione e l’oltraggio ricevuti e subiti da
quell’amore, forse sbagliato, travolgente e impossibile che le ha rubato tutto: la giovinezza, la creatività, l’arte e la vita stessa.Per la straordinaria capacità di dilatare, come a onde sonore e successive, le
emozioni e le sollecitudini psicologiche di chi ascolta e viene a conoscenza di
un’esistenza consumata e vive la pazzia dell’artista e la sua vera realtà, dove l’essenza della vita svela l’eterno, possesso di pochi iniziati.Per le poetiche e suggestive musiche che narrano momenti sospesi di forte e
catartica tensione spirituale, armonie e melodie laceranti, creatrici di atmosferemetafisiche, purificatrici, liberatorie e mondi immaginari.Chicco Cotelli e le sue band
Riconoscimento alla carriera
Per averci donato con generosità e freschezza, già dai mitici anni ‘60, quei sempre
molto attesi momenti nei quali possiamo respirare e vivere, in una vivace,
piacevole od ovattata atmosfera, in luoghi ameni e suggestivi, musiche
intramontabili, di un ricchissimo repertorio, che si consumano in eleganti
vibrazioni swing, pura magia, ideale in quei pomeriggi estivi e autunnali da soli o
in compagnia di amici e appassionati di musica jazz e non solo. Per il sound
modellabile e dinamico degli assoli che risultano intensi, fortemente melodici e
regalano emozioni così, come la capacità di unire la spontaneità dell’improvvisazione con l’energia contagiosa e l’estrema brillantezza del ritmo rendendo questo genere musicale una forma d’arte.Per averci accompagnato con naturalezza e spontaneità alla scoperta estetica e
passionale di sonorità classiche e di piacevoli armonie raffinate e ricercate
racchiuse negli arrangiamenti. Per la grande empatia con il pubblico.
Castel Grumello di Montagna in Valtellina, luogo del FAI, luogo del cuore.
Dopo un tratto, relativamente breve, impervio, erto e difficile, se percorso nel cuore della notte buia, come in questo caso, si raggiunge la meta scelta dal Teatro Festival per permettere a un pubblico privilegiato di ascoltare e vivere la performance artistica Dirupata Poesia di e con Gigliola Amonini e Consuelo Orsingher, due artiste molto apprezzate e conosciute in Italia e all’estero, caratterizzate da una forza espressiva, esplosiva e trascinante.
In una saletta sapientemente restaurata, in un silenzio profondo e assoluto, in penombra due sagome immobili, mute e la loro ombra, incombente, riconducibile alla metafora di una vita oppressa e soppressa. Tutto è sospeso in un’atmosfera surreale e poi, come per magia, l’astante si trova dentro l’espressionismo tedesco, in alcune scene dei film in bianco e nero del regista Murnau. E poi un inaspettato fascio di luce modifica lo scenario, le ombre si incupiscono, si sovrappongono e appare sul muro spoglio un simulacro informe. Il richiamo alla Pubertà di Much è immediato. Violentato e senza rendersi conto l’osservatore viene catapultato nel realismo simbolico di Munch e l’ombra ingigantita diventa fantasma, prefigurazione di ciò che dovrà essere raccontato, di ciò che Alda Merini ha vissuto nella dolorosa esperienza dell’internamento in manicomio. Esplode il primo grido dell’artista e un improvviso brivido percorre le membra degli astanti, che scossi e percossi si pietrificano in un silenzio ancor più assordante. Un senso di angoscia e di ansia, sospesi nello spazio vuoto riconducibile all’ esistenzialismo di Kierkegaard, si diffondono, si dilatano come una bruma nella piccola stanza diventata prigione, luogo di sofferenza, di abbandono. E, come si narra nella letteratura scandinava da Ibsen a Strindberg, esce prorompente e impetuosa, da una sorprendente, ineguagliabile, realistica e coinvolgente recitazione, la tematica della condizione sociale della donna, il limite e l’impedimento che le vengono imposti nella partecipazione alla vita intellettuale ed attiva nella società moderna. Una donna volutamente emarginata, sconsiderata e calpestata quando dimostra fragilità, incertezze, poesia e forte sensibilità. Ma Alda Merini è riuscita a convertire la dolorosa esperienza in manicomio in straordinaria energia creativa donandoci il suo universo interiore con uno stile cristallino e graffiante e le “nostre” attrici hanno interpretato con forte realismo simbolico uno spaccato drammatico e poetico della poetessa, donandoci una serata indimenticabile.
Grazie Gigliola, grazie Consuelo, eccellenti interpreti del mondo introspettivo, intimo e spirituale femminile
La presidente della giuria Anna Galanga